martedì 9 aprile 2013

Guida alla Romagna: un viaggio mentale di Giovanni Mark Marchetti


Capitolo 1: I vecchi al bar

I bar romagnoli racchiudono al loro interno tutto il sapere del mondo. Non esiste un solo bar dove a qualsiasi ora del giorno non troverete minimo 3 vecchietti intenti a discutere su qualsiasi argomento, a patto però di avere tutti idee diverse, di avere tutti ragione, di esprimerle bestemmiando, bevendo vino e giocando a scopa o a briscola.


Solitamente gli argomenti più seguiti sono il calcio, la politica e tutto il resto, ma soprattutto i primi due

Parlando di calcio scoprirete che i vecchietti sono tutti provetti allenatori e che ovviamente ognuno di loro ha come minimo 500 idee diverse per risolvere una crisi di una squadra, ma ovviamente il suo attuale allenatore "un capes un caazz!" e quindi tali consigli non avranno mai seguito.


Parlando di politica invece scoprirete che il 99% dei vecchietti si professa comunista, sarebbe un ottimo primo ministro e le idee per rinnovare l'Italia non mancano, ma ahimè anche in questo caso i nostri teneri amici vedranno inascoltate le loro suppliche.


Ogni vecchio romagnolo nella sua vita ha lavorato minimo 15 anni come pescatore, 20 come muratore, 12 come agricoltore, 30 come falegname, 120 come impiegato comunale. Un rapido conteggio ci dice che questi vecchietti hanno trovato una fonte di eterna giovinezza, o dicono parecchie cazzate.



Capitolo 2: Bagnini e Albergatori

In questo caso parliamo della popolazione più povera della Romagna. Non c'è una sola estate in cui non si parli di "annata di crisi" anche se i turisti sono stati 56 miliardi e hanno dovuto mettere a dormire gente anche nei vasi dei fiori per le troppe prenotazioni.


Ovviamente ognuno gestisce il bagno o albergo migliore e si conoscono tutti i trucchetti e marachelle usati dalla concorrenza, ma ovviamente non li si usa nei propri hotel/bagni.
I bagnini in particolare sono dotati della sacra verità sulle previsioni meteorologiche, ognuno di loro ha le previsioni in anticipo sugli altri e le riceve dal satellite migliore.


Ovviamente in Romagna non piove mai, un vero bagnino sarà in calzoncini e occhialoni da sole anche sotto un temporale e al vostro arrivo vi sfoggerà un sorrisone dicendo "Ma noooo, niente pavura, sono due gocce, si sta già aprendo il cielo, fra poco fa il sole" anche se vi parla da una canoa e la Romagna è sotto a un metro d'acqua.



Capitolo 3: Donna Romagnola

La donna romagnola è notoriamente molto libertina (citando dal dialetto "a 'no cnusudi dal puteni, ma c'm'al doni no!" che significa “ne ho conosciute di prostitute,ma non come le donne).


Una recente ricerca ha confermato questo fatto, sostenendo che si sbagliava indicando come "lavoro più antico del mondo" il prostituirsi: in realtà il lavoro più antico del mondo sarebbe "essere romagnola".
In effetti la donna romagnola appena nata comincia già a fare pensieri strani sul medico, e al primo schiaffo non piange ma "la moggia" (dal dialetto "verso che denota un profondo apprezzamento per una pratica sessuale" , moggia da "muggire" verso della vacca).


Peculiarità della donna romagnola è il pelo: la buona mora di Romagna è coperta su gambe e braccia da una folta pelliccia lunga circa 10 cm. Questo ha un senso... in effetti anticamente tutte le donne romagnole si faceva 3000 km al giorno in bicicletta vendendo vongole e poverazze e il pelo era necessario a ripararle dal freddo, ma non più lungo di 10 cm sennò finiva tra le razze della bicicletta.


La donna romagnola solitamente regge l'alcol in maniera inverosimile, quasi come un uomo romagnolo e condurla alla sbornia è arduo ma non difficile: i metodi sono due:
1) spendere uno stipendio in alcolici
2) sperare che finga una sbornia per lasciarsi andare senza freni sessuali

Il secondo metodo è facilmente riconoscibile in quanto solitamente una donna romagnola comincia ad accusare una leggera sbornia dopo la terza damigiana di vino... ma in questo caso dopo aver annusato un bicchiere comincia a recitare i sacri versi "oddio um zira la testa... a ne so quel ca fazz messa acsè" tutto questo per dire “abusa di me, ma solo perchè sono ubriaca, non perchè io sia realmente una donna di facili costumi”.



Capitolo 4: Rotatorie o Rotonde

Questa piaga Biblica che fortunatamente non toccò l'Egitto sta in questi anni colpendo gravemente il territorio romagnolo. La viabilità stradale è talmente complicata che se volete attraversare Cesenatico a piedi ci mettete 10 minuti, in macchina 3 mesi.


La prima generazione di rotatorie è nata per eliminare i semafori cittadini, cosa utile.
La seconda generazione di rotatorie è nata per abbellire alcuni incroci... anche dove non era necessario, cosa utile come un culo sul gomito.
La terza generazione è nata a caso, anche sui rettilinei o nei parcheggi.
In alcune città romagnole la viabilità è seriamente compromessa, vedi Ravenna.
A Ravenna circolare in macchina è come andare in viaggio con Indiana Jones nella foresta boreale. C'è un pullman di tedeschi che gira a Ravenna dal 93 e tutt'ora non è riuscito a trovare insegne per l'autostrada.



Capitolo 5: Rapporti con gli stranieri
  
Per il vero Romagnolo gli stranieri appartengono sostanzialmente a 4 grandi famiglie:


1) I "crooc"  (detti crucchi in italiano): stirpe proveniente dalla cruccolandia (svizzera, austria, germania)
2) I maruchein (marocchini): stirpe proveniente da sotto la romagna, appartengono a questa stirpe meridionali, africani, mediorientali ecc.
3) I zengan (zingari): rumeni, albanesi e slavi in generale
4) Gli emiliani: stirpe che galleggia nei mari romagnoli, denotando una certa somiglianza con le eiezioni corporali solide

Il suo rapporto con gli stranieri cambia seguendo il discorso, cosicché prima si darà ragione a Bossi dicendo di fare un muro a sud di Rimini,  poi si sosterrà di difendere l'integrità della nazione, poi si denigreranno gli immigrati, poi li si osannano dicendo che fanno lavori che nessuno vuole fare, questo denota il carattere fanfarone del vero romagnolo, dovuto al fatto che spesso il discorso cambia seguendo il livello di sangue disciolto nel sangiovese.

Capitolo 6: Rapporto del romagnolo con le Divinità

Il vero Romagnolo è un fervente cristiano, caratteristica che si nota benissimo contando quante volte in un minuto lui nomini Dio, o la Madonna.
Solitamente si tende ad abbellire le frasi togliendo la punteggiatura e scambiandola con lodi al signore, in particolare paragonandolo ad un suino (animale quasi sacro in Romagna) oppure ad un figlio illegittimo (bastardo),  qui si capisce che cuore grande sia quello romagnolo. Ci ricordiamo anche dei figli dimenticati dalle famiglie e considerati i paria della società.

Nonostante tutta questa spiritualità, il centro di culto non è più la chiesa, bensì il bar.
Qui si recitano continuamente dei salmi a Dio, non leggendo la Bibbia, ma giocando a carte, gioco divino che ci avvicina al signore.

Sulla Madonna poi è nata una sotto-religione che punta il dito sulla sua particolarità: essere vergine pur essendo rimasta incinta.

I massimi ginecologi Romagnoli, sapendo che si può rimanere incinta anche senza aver perso la verginità, concordano con il pensiero comune dei "vecchi-sacerdoti" sulle abitudini della madonna, paragonata ad una donna dall'affetto commerciabile.

lunedì 8 aprile 2013

Racconti di vita meridionale (post serio, privo di umorismo)


Rispetto a molti altri figli del sud, io mi ritengo fortunato, perché nato in una famiglia che con enormi sacrifici è riuscita a far proseguire gli studi universitari a mio fratello. I miei appena sposati non possedevano nulla, io da piccolo ero "costretto" a vestirmi con gli abiti dei miei cugini più grandi, sul pane e pomodoro non ci potevamo permettere neanche l'olio extravergine d'oliva perché troppo caro. Ero invidioso degli altri che stavano bene. Non ho mai ricevuto un giocattolo "di marca", il motorino, nulla. Erano sogni. 
In più vivevo in un quartiere denominato "167" dove per "vivere" dovevi farti rispettare o venivi bullizzato dalla mattina alla sera.

Si tirava avanti e con il sorriso stretto.
Poi la svolta. I sacrifici dei miei genitori iniziano a dare i frutti e ricordo la prima automobile comprata nuova di zecca che andava a sostituire il catorcio di famiglia, alimentato a piscio.
I miei iniziarono a comprarci i vestiti, giocattoli, quaderni per andare a scuola e ci concedevamo anche qualche scampagnata fuori paese di tanto in tanto. "Premetto che in tutti quegli anni, mio padre e mia madre non andavano neanche a prendersi un caffé al bar perché si doveva risparmiare, perché dovevano spianare la strada per il nostro e il loro futuro"

Intorno ai 14 anni stavo bene, non mi mancava nulla, ma il di più non lo potevo avere perché i miei genitori hanno sempre cercato di insegnare a me e mio fratello di usufruire solo del necessario. I vizi e gli sfizi ce li dovevamo sudare.

Oggi più che mai quella frase la incornicerei.

Il mio primo telefono cellulare lo comprai con i soldi guadagnati pulendo i tavoli di una pizzeria e non lo comprai per fare il figo, ma per necessità, perché andavo all'istituto alberghiero di Termoli che distava 60 km da mio paesello in Puglia e quindi se mi succedeva qualcosa non potevo di certo comunicare con i segnali di fumo. La paghetta settimanale non sapevo neanche cos'era. Giuro, mai avuta.
Però, io e la mia famiglia avevamo qualcosa che manca oggi ai giovani e alle altre famiglie: LA DIGNITA'.

Se ce l'hai riesci a superare anche i momenti più duri della tua vita e combatti giorno per giorno senza mai arrenderti. Oggi i ragazzini vogliono solo apparire, non vogliono nemmeno lavorare, vogliono tutto, subito e senza tanti complimenti e non conoscono la parola sacrificio, che ha permesso me e la mia famiglia di vivere dignitosamente e senza tante pretese. Sono un figlio del sud che è emigrato per tanti anni al nord lavorando nelle cucine degli alberghi e nei ristoranti, dormendo spesso nei "sottoscala" dove la notte tra zanzare e umidità sembravo uno zombie intossicato. I rumeni stavano meglio di me. Eppure non mi lamentavo perché ero conscio che mi potevo realizzare. Ero anche a volte emarginato quando vivevo al nord, perché appena sentivano che provenivo dal sud, dalla provincia di Foggia, mi appellavano con il termine "terun", "delinquente" e "camorrista". Per questo, ringraziavo i tanti terroni che andavano in vacanza in riviera e si comportavano peggio degli animali, per poi tornarsene nei loro squallidi paesini a fare le pecorelle.

Io a tutto questo non ci stavo e stringevo i denti. Sono tornato al sud, ho aperto il mio piccolo locale ristorativo e cerco tutti i gironi di dimostrare che tutti si possono realizzare se si ha volontà.